Il 4 degli orologiai

Avete mai notato come è scritto il “4”, in numeri romani, sul vostro orologio?

La formula non è sempre quella tradizionale, che si impara a scuola: “IV” (ovvero, 1 meno di 5). Il quadrante riporta, insolentemente, quattro stanghette: “IIII”.

L’origine di questa particolare grammatica orologiera non è univoca.

Il 4 degli orologiai

 

E’ indiscutibile che vi sia una ragione estetica, derivante dall’esigenza di bilanciare graficamente il quadrante, dove il “IIII” si oppone al “VIII”, anch’esso composto da quattro segni. Un quattro composto da due soli segni (“IV”) non avrebbe lo stesso effetto. L’indicazione “VI” sarebbe inoltre di difficile lettura, poichè capovolta, nella parte bassa del quadrante.

Potrebbe esservi anche una motivazione storica: la regola dell’addizione e della sottrazione dei numeri, è infatti medioevale. I romani, in origine, scrivevano il quattro e il nove con una serie di quattro barrette: “IIII” e “VIIII”,con un sistema solo additivo (e non additivo-sottrattivo).

La motivazione storica si intreccia con quella religiosa: i romani sembra che non potessero scrivere il quattro nella forma “IV” anche perchè queste erano le iniziali del dio Giove, in latino IVPITER.

Ma vi è anche una ragione sociale: agli albori delle meridiane, la rappresentazione del quattro con le barrette facilitava la conta delle ore alla povera gente priva di istruzione.

E, infine, l’immancabile motivazione economica. Il “IIII” serviva per ottimizzare l’uso dei materiali per la realizzazione dei numeri da applicare sul quadrante. Infatti, scrivendo ‘IIII’, si aveva in totale I+II+III+IIII+V+VI+VII+VIII+IX+X+XI+XII = 20 ‘I’, 4 ‘V’ e 4 ‘X’. Distribuendo questi componenti in quattro colate per un unico stampo con una ‘X’, una ‘V’ e cinque ‘I’ si ottenevano tutte le cifre necessarie senza sprechi. La scrittura “corretta” (I+II+III+IV+V+VI+VII+VIII+IX+X+XI+XII) prevede 17 ‘I’, 5 ‘V’ e 4 ‘X’.

Si tramanda anche un aneddoto, secondo il quale nel 1364 Carlo V sgridò un orologiaio che scrisse “IV” su un orologio di torre. L’orologiaio, Enrico De Vick dibattè il suo caso sostenendo la teoria sottrattiva dei numeri romani, ma il Re rispose bruscamente: “Io non ho mai torto” e così “IV” divenne “IIII”.

 

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